dimanche 22 juin 2008

Parole

La voce di mia madre è roca e gentile. Mi solleva, mi tiene davanti a sé, mi guarda. Vedo la sua bocca muoversi lentamente ed emettere dei suoni, dei « pa », dei « to », dei « ma », dei « ci », mi piacciono in modo particolare i « ci », mi piace la dolcezza di quel suono. Con le sue labbra rompe il flusso sonoro che esce dal suo corpo come un lungo respiro e crea quei suoni. Io la guardo, la pelle del suo viso si muove in mille pieghe, ogni suono è un’espressione : può bloccare l’aria chiudendo le labbra, oppure mettendo la lingua sulla punta dei denti, o sul palato : io sento la sua voce uscire dalla cassa toracica, è come se quel flusso vitale continuo, ininterrotto che risuona da sempre dentro di lei debba spaccarsi in pezzi molteplici per avere senso, per assumere un senso nuovo che mi è ancora nascosto, ma che ha a che fare con le cose intorno a me, con gli oggetti che quei suoni possono nominare, possono richiamare a sé. Mi guarda intensamente, i suoi occhi sono tutti tesi a farmi cogliere un senso in quei suoni, le articolazioni sono lunghe, quasi ridicole, la bocca si allarga in un « aaaaaa » poi si allunga in un « ooooo », poi ancora qualcosa tra il ghigno e il sorriso produce un « iiii ». Il suo sguardo è parlante, come se mi dicesse con gli occhi che cosa significano quelle parole. Sono rapito dal suo sguardo, lo seguo come incantato : le sue pupille sono due punti mobili a cui il mio sguardo si aggrappa, due piccole calamite nere da cui non riesco più a staccarmi : è lì il senso, è lì la spiegazione di tutto, di questa confusione di cose intorno a me : se seguirò il suo sguardo lei mi saprà indicare quello che devo sapere, mi insegnerà a dare senso alle parole, è il suo sguardo che connette le parole alle cose.

La voce di mio padre è diversa. E’ calda e profonda. Le espressioni del suo viso non assomigliano a quelle della mamma : la bocca non si allarga in quel modo ridicolo, tutto resta all’interno delle sue labbra, piccoli movimenti dei muscoli delle guance bastano a provocare cambiamenti radicali nei suoni. Sento dei « cr » dei « tr », dei « ch », i suoni si formano in gola ed escono timidi dalle sue labbra quasi immobili. Ha delle grandi labbra mio padre, una bocca grande e generosa e insieme pudica e riservata, senza le smorfie eccessive che vedo dipingersi sul viso della mamma. Le mie orecchie si riempiono di suoni diversi, di suoni incompatibili tra di loro. Sento che i suoni che mio padre produce non sono gli stessi di quelli di mia madre, che ci saranno due suoni per ogni cosa, per ogni sfumatura. Mi piace ascoltarlo, adoro quella bassa cantilena, a volte canta, la voce si fa più varia, sale e scende. Guardo le rughe sulle sue guance, i segni intorno agli occhi. La sua faccia è antica, scolpita in una pietra lieve, i suoi capelli bianchi e brillanti. Le sue mani sono piccole, dure e calde. Mi regge con forza e grazia insieme, c’è una grazia nei suoi modi bruschi e gentili, il suo naso all’insù ricorda un corno di rinoceronte, forte e mite, un colosso erbivoro che bruca l’erba della savana. E’ chiaro mio padre, la sua pelle è quasi trasparente, la sua testa è avvolta in un fascio luminoso, è pieno di luce mio padre e mi riempie di energia. E’ il genere di grossa creatura da cui non ci si vorrebbe staccare mai più, trasmette la sua luce, mi sento come le falene che inevitabilmente si fanno trascinare verso la luce violastra che le incenerirà.

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