Le mie mani sono più mobili ora : posso afferrare oggetti, portarli alla bocca, prendermi i piedi. Metto sovente le mani in bocca dopo aver toccato in giro, assaggio il mondo, solo così posso uscire dal mio stato contemplativo, mangiandomi il mondo : bocca e mani si muovono, mi fanno muovere sempre di più, tra poco sento che comincerà un’altra vita dedicata al movimento : il mondo non verrà più a me, sono io che dovrò andare a cercarmelo, a procacciarmi esperienze. La mamma ha cominciato a farmi assaggiare nuovi sapori : il primo gusto diverso dal suo latte è una pera cotta e frullata : i granuli della pera provocano una sensazione bizzarra, come se della sabbia si mescolasse a qualcosa dolce e acquoso sulla mia lingua. Il primo istinto è tirare fuori la lingua, non so bene come fare, ho solo succhiato finora e non so quali movimenti devo fare per deglutire quell’acquolina zuccherata e consistente che mi ritrovo in bocca. Tiro la lingua, ma tutto esce, la ritraggo, mi aiuto con le mani, metto le mani in bocca, questo mi aiuta, perché se mi succhio una o due dita riuscirò a deglutire alla vecchia maniera. Ma la mamma non è d’accordo, cerca di togliermi le mani di bocca, non capisco perché, riprova a infilarmi la pera frullata in bocca con un cucchiaino freddo e sgradevole, il cucchiaio mi soffoca, faccio una smorfia di disgusto, sputo tutto. Di nuovo non riesco a farmi capire, non è la pera che non mi piace, è che non so mangiarla, quel cucchiaio è troppo duro e freddo e quando mi entra in bocca mi fa male. Se anche lei si aiutasse con le mani, mi desse da mangiare dalle sue mani, come le sue antenate, forse sarebbe tutto più semplice, forse il contatto delle mie labbra e della mia lingua con il palmo dolce e levigato della sua mano mi metterebbe nella migliore disposizione possibile per deglutire quella nuova sostanza. Ma c’è qualcosa che interferisce qui, ho capito già che spesso qualcosa si mette in mezzo nei nostri rapporti naturali, un non so che d’artificiale, che non viene da lei, viene da fuori, da regole e norme che non ha dettato la natura, e che rendono estremamente scomode le nostre interazioni. Come quello stare seduta quando mi allatta, o lavarmi in quell’assurda bacinella di plastica, a rischio di farmi morire annegato, quei vestiti complicati che mi mette addosso, quelle cinghie a cui mi attacca ogni volta che mi trasporta che quasi mi decapitano, quando sarebbe così più semplice e sicuro tenermi tra le sue braccia o solo coricato in un pezzo di stoffa allacciato al suo dorso. La mamma mi dà un cucchiaino di plastica rossa e gialla con cui esercitarmi a deglutire. Lo guardo con interesse, me lo metto in bocca in continuazione, lo agito davanti a me. E’ un gran divertimento quando è vuoto: solo quando è pieno di cibo diventa intollerabile. Finalmente la mamma usa l’intuizione a scapito delle regole che sta pescando non so da quale fonte di saggezza ricevuta : la riconosco ormai quando fa da sé e quando si mette a eseguire qualche schemino tramandato da bizzarre tradizioni mal ricostruite. Quando lavora con l’intuizione è geniale, perfetta, si muove leggera come una gatta sapiente. E’ selvaggia e saggia insieme. Quando inizia i suoi balletti istituzionali è goffa e severa, piena di ansia, senza alcuna grazia e tipicamente sbaglia tutto. Contro ogni regola della buona puericultura, la mamma afferra infine un melone, ne taglia un pezzo abbastanza grosso perché io lo possa prendere tra le mani, e mi lascia fare il resto : io lo stringo subito, entusiasta del colore arancio leggero, della forma allungata e della consistenza viscida. Mi scivola avanti indietro nella mano, un vero piacere, lo porto verso la bocca e comincio a succhiarlo, mmmm, dolcissimo e liscio, si scioglie sulle mie gengive nude. Le labbra succhiano il succo che cola dappertutto e la lingua si mette in movimento per deglutire i pezzetti che si staccano. Ho imparato a deglutire qualcosa che non è il suo latte, ora il mondo è tutto da mangiare, masticare, catturare. Sono meno filosofo e più animale oggi : là fuori ci sono mille piaceri che bisogna andare a prendersi. E’ finita la calma, qui bisogna muoversi, bisogna smettere di riflettere e cominciare a investire energie cerebrali nella più animale delle funzioni : il movimento.
dimanche 22 juin 2008
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